Locale di culto

C’era un tempo in cui non c’era la parola “evangelico”, non era ancora accaduta la Riforma protestante, non era disponibile un libro come “Dichiarazioni evangeliche”, ma si capiva cosa fosse l’identità. Salomone scelse di delineare la propria identità attraverso le sue costruzioni (2 Cron 2-5). Cominciò con la costruzione del tempio. «Il quarto anno del mese di Ziv furono gettate le fondamenta della casa del Signore» (1 Re 6,37). Quello fu un grosso impegno che lo assorbì per sette anni (1 Re 6,38). Ogni giorno Salomone doveva prendere decisioni in accordo con l’identità che aveva confessato: l’Eterno Dio. Dio era per lui al centro e tutto era riferito a Lui. A ridosso del tempio, Salomone realizzò altre costruzioni come la casa della “foresta del Libano” (1 Re 7,2), il portico di colonne (1 Re 7,6), il portico del giudizio (1 Re 7,7), e la sua propria casa (1 Re 7,8). Era un modo plastico per dire quanto fosse centrale il Dio del patto. Tutti gli affari sociali, legali e politici dipendevano da ciò che era al centro. Il tempio non era un’isola felice e circoscritta, ma il centro ispiratore per tutto il resto. La piantina di Gerusalemme fu così ridisegnata in funzione di un centro. La Bibbia narra della regina di Seba che si mosse per vedere “la sapienza di Salomone e vide la casa… e le vivande” (2 Cron 9,3-4). Ella vide una fede concreta. A questa regina, Salomone non fornì solo risposte a interrogativi teorici, ma fece vedere la propria sapienza all’opera. Poteva mostrarle l’efficacia del suo pensiero. Nella sua grazia Dio fece vedere a questa regina un abbozzo del regno futuro in cui sarebbe stato presente qualcuno di più grande di Salomone stesso (Lc 11,31). Chi verrebbe “dalle estremità della terra per udire” (Mt 12,42) la nostra sapienza? Chi si muoverebbe per vedere la realtà della nostra visione di Dio e del Suo regno? Questa costruzione cerca di confessare una fede, quella evangelica e lo vuole fare in modo visivo. Vuole infatti sottolineare alcune delle idee di fondo di un’autentica fede evangelica.

ll nome della strada

Si è lavorato perché la strada in cui stava sorgendo IFED non fosse intestata a qualche cardinale, papa o santo, come spesso accade, ma a un evangelico. È un modo per dire il diritto di Dio di esserci coi suoi testimoni. Il Signore ha permesso che Pietro Martire Vermigli trovasse un riconoscimento culturale che a suo tempo gli era stato negato. Questa è la rivincita di Dio! Pensate, chi andrà al campo sportivo, al bocciodromo o alla palestra, dovrà dire “Via Pietro Martire Vermigli”! È un’iniziativa forte contro la marginalizzazione del nostro progetto. Un modo per collocarsi nella città con la persuasione della dignità dell’Evangelo.

Culto e cultura

L’edificio sottolinea che culto e cultura sono per noi due realtà profondamente intrecciate l’una con l’altra. Se si vuole lasciare un solco nella storia, bisogna che questi settori non siano separati. L’auditorium è collegato alla biblioteca e forma con essa un tutt’uno. Rispetto alle visioni che contrappongono, giustappongono, sovrappongono, queste due dimensioni, quest’immobile vuole sottolineare la loro reciproca interdipendenza. Fin dalla sua nascita, l’Istituto si è preoccupato d’interpretare questa esigenza. Siccome tutta la vita umana è un culto reso a qualche divinità, siamo impegnati affinché il Dio che celebriamo come chiesa, fecondi anche tutte le dimensioni dell’esistenza.

Il risparmio energetico

La scelta dei materiali è stata fatta tenendo conto della loro economicità, ma avendo anche di mira il risparmio energetico. I mattoni sono blocchi formati da un misto di cemento e legno che hanno una funzione di coibentazione particolarmente efficace. Il legno viene macinato, poi mineralizzato con l’aiuto del cemento, quindi posati a freddo prima della colata di cemento all’interno. Il risparmio energetico è stato tenuto presente anche per i pannelli radianti. Essi non sono solo un elemento dell’arredamento, ma dovrebbero permettere una notevole riduzione d’energia. Questo è in accordo con la convinzione che l’ambiente va rispettato perché è opera di Dio che ci chiede d’essere buoni amministratori della sua svariata grazia agendo come creature nel mondo del Creatore.

Il pulpito

Al centro dell’auditorium c’è il pulpito. Il pulpito rimanda alla necessità d’udire la Parola di Dio e ne sottolinea la centralità. Noi sappiamo che senza di essa non ci può essere vera fede. Le colonne dell’entrata e del portico hanno dunque come centro questo punto. Non solo. Anche i solchi del pavimento rimandano a questo centro per tutte le attività di studio, formazione e ricerca. Vuol dire che quando ci si troverà nell’archivio, o nella sala ristoro, non si perderà il collegamento con le esigenze della Parola. Essa rimane il riferimento per cui non c’è bisogno di cambiare registro a tavola o altrove. Le colonne Rilevanti le varie strutture metalliche dell’immobile. All’entrata si trovano dodici pilastri a destra e dodici a sinistra che possono ricordare le dodici tribù e i dodici apostoli collegati tra loro. Nella parte posteriore dell’edificio, sono ben visibili sette grandi pilastri. Cinque altri pilastri si trovano nella parte laterale. Oltre a conferire all’edificio un particolare slancio, questi simboli numerici possono rimandare a certi valori biblici come il profondo collegamento del popolo di Dio attraverso l’antica e la nuova alleanza ed evocare anche i cinque Sola della Riforma.

L’auditorium

L’auditorium è di forma semicircolare, perché deve essere un luogo per l’ascolto della Parola di Dio, ma anche di condivisione. Il popolo di Dio deve ascoltare la Parola, ma deve anche partecipare in maniera corale alla celebrazione di Dio. Al centro c’é dunque la Parola di Dio e, come due petali, i simboli ordinati dal Signore: battesimo e cena. La partecipazione musicale non sarà concentrata in un punto, bensì diffusa nell’auditorium. La partecipazione non dev’essere qualcosa di formale, ma essere l’eco della Parola nel quotidiano. Le sette colonne che sostengono il tetto, rimandano ai giorni della settimana, perché il vero culto riguarda la settimana nella sua interezza. Una delle idee è quella di porre su ogni colonna quello che si legge nella prima pagina della Bibbia: “Fu sera, fu mattina, giorno primo; fu sera fu mattina, giorno secondo”. Tutta la vita umana è infatti un culto quotidiano a Dio o agli idoli. Le costruzioni sono la traduzione plastica delle convinzioni che si hanno. Si nutrono di memoria, ma sono anche una scommessa per il futuro. Mi auguro che ciascuno di voi possa essere fiero della identità che professa e possa trovare anche in questo edificio un messaggio concreto delle dimensioni culturali della fede cristiana. Non so quanti verranno “dalle estremità della terra per udire” (Mt 12,42) e vedere la realtà della nostra visione di Dio e del Suo regno, ma siamo felici che voi siate qui e che ne diverrete interpreti là dove il Signore vi metterà.