Emergenza Covid-19: dodici considerazioni (parte 2)

Autore: Pietro Bolognesi

La settima considerazione riguarda l’idea che una pandemia come il coronavirus sia una punizione da parte del Creatore. Attribuire a Dio la responsabilità di voler punire con la malattia, la morte, le difficoltà finanziarie ed economiche, la sobolognesi5cietà e le relazioni, lascia il tempo che trova. Né ha senso pensare che Dio sia indifferente a un simile problema. Il punto di riferimento deve rimanere il Signore e non il coronavirus. “Il Signore fa morire e fa vivere” (1Sam 2,6). Poiché la vita umana è un culto a Dio è necessario affermare il suo controllo sull’intera vicenda e il bisogno di pentirsi davanti a Lui. Cosa potrebbe mai essere la vita umana senza la provvidenziale azione di Dio verso ciascuno?

L’ottava considerazione riguarda il silenzio. La rumorosità usuale che caratterizza il ritmo della vita sembra essere venuta meno. Le cose di sempre sono sparite senza far rumore. Viene da chiedersi se si possa imparare dal silenzio. Kierkegaard, firmandosi Johannes de Silentio ed evocando le decisioni silenziose d’Abramo scrisse: “Nessun uomo che abbia una cattiva coscienza può sopportare il silenzio” (Timore e tremore). Per il profeta Elia l’ascolto della Parola di Dio passò attraverso un “rumore di silenzio” (qôl demãmâ daqqâ, 1 Re 19,12) anziché il fragore precedente e fu lì che trovò quella forza e quell’energia piena di saggezza di cui aveva bisogno. Chissà se non vi possa essere del bene nell’inquietudine dello stare soli con se stessi.

La nona considerazione riguarda la drammatica interruzione dei legami di comunità. Di punto in bianco ci si è dovuti tenere a distanza gli uni dagli altri. Per chiunque sia cosciente del diffuso problema di socializzazione del nostro tempo, la cosa appare ancora più drammatica. Sembra che l’emergenza abbia ricacciato ciascuno indietro verso un mondo ristretto e egolatrico privando dei propri fratelli e sorelle e dei propri amici. Ma la vita umana non è fatta per la solitudine. C’è da rallegrarsi per nuove opportunità di collegamento tra cristiani e chiese, ma la tecnologia non può risolvere la questione delle relazioni. C’è da pentirsi e chiedere perdono per Padova vuota4ogni volta in cui non si è stati pienamente consapevoli dei doni usuali e dei privilegi della vita comunitaria e dell’unità del vero popolo di Dio.

La decima considerazione riguarda la pietà personale. La Parola di Dio insegna che “ogni cosa coopera al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). È straordinario prendere nuovamente coscienza delle benedizioni proprie ai legami di comunità, ma udire anche l’invito di Dio: “Fermatevi…” (Sal 46,10). Il rallentamento dei tempi sul piano personale ha favorito spazi più lunghi per la meditazione della Parola, per la lettura di un libro, per la preghiera, per riascoltare una predicazione trascurata. E che benedizione! Progetti lasciati da parte per un certo tempo hanno potuto essere ripresi. Questa pausa è l’occasione per “riflettere bene” e ristabilire le priorità (Ag). Per le persone timorate di Dio i Suoi giudizi si traducono sempre in incoraggiamento (Ap 5-6).

L’undicesima considerazione riguarda la testimonianza. Talvolta si ha difficoltà a trovare temi comuni d’un certo spessore per un’interazione utile tra le persone. La comunicazione sembra talvolta avere qualcosa d’artificiale. Questa è un’occasione straordinaria. Si può interagire usando banalità, facendo da veline ai decreti del governo e delle regioni, o cercando qualcosa di più significativo. La chiesa può fare udire una parola diversa, una parola con una visione del mondo diversa. Parlare senza cogliere i tempi di Dio richiama la pura retorica. Anche se non sta ai credenti sapere quali siano i tempi, ci sono momenti in cui Dio permette di collegare la sua parola con gli accadimenti del momento. “Questo è quanto fu annunziato…” (At 2, 16). Impossibile avere la pretesa di discernere il piano divino. C’è bisogno che lo Spirito Santo ispiri, guidi e conferisca la tempra della freschezza da alto affinché a questioni drammatiche non si risponda con deboli risposte.

La dodicesima considerazione riguarda l’inevitabile emergere di diverse forme di religiosità anche in questo frangente. Alcuni pensano che qualunque forma di spiritualità rifletta la medesima preoccupazione e di per se meriti considerazione. La ricerca del trascendente sarebbe un modo per dare senso alla precarietà umana e andrebbe bene qualunque essa fPadova vuota3osse. Se anziché arrestarsi a un giudizio così frettoloso e superficiale ci si interroga più seriamente ci si renderà facilmente conto che certe forme non sono altro che superstizione, mentre c’è bisogno della rivelazione. Rivolgersi a una madonnina o fare qualche modesto itinerario è diverso dal porsi nel segno della rivelazione biblica. Gli idoli o Dio. Tra i due non è possibile alcuna sintesi. Se questa emergenza sarà usata perché appaia ancora più netta la distinzione tra superstizione e pietà, Dio potrà essere ancor più glorificato.