30. Della cena del Signore

1.La cena del Signore Gesù fu istituita da lui nella notte in cui fu tradito perché venisse osservata nelle sue chiese fino alla fine del mondo come una rammemorazione perpetua ed un annuncio del sacrificio di se stesso (1Co 11,23-26). Fu istituita per confermare la fede dei credenti in tutti i benefici della sua morte, per il loro nutrimento spirituale e per la loro crescita in lui, perché s'impegnassero maggiormente ad assolvere ai propri doveri verso di lui, e perché essa costituisse un vincolo ed un pegno della loro comunione con lui e gli uni con gli altri (1Co 10,16-21).

2.Con questa ordinanza Cristo non viene offerto a suo Padre, né avviene alcun sacrificio reale per la remissione dei peccati dei vivi o dei morti. C'è soltanto la rammemorazione di quell'unica offerta che Cristo ha fatto di se stesso, una volta per sempre, sulla croce (Eb 9,25-28), accompagnata da un'offerta spirituale a Dio di tutta la lode possibile per questo sacrificio (1Co 11,24; Mt 26,26-27). Perciò il cosiddetto sacrificio della messa papesca è una grande abominazione, un'offesa al sacrificio di Cristo il quale è l'unica propiziazione per tutti i peccati degli eletti.

3.Quando ha istituito questa ordinanza il Signore Gesù ha decretato che i suoi ministri pregassero benedicendo gli elementi, pane e vino, sottraendoli così ad un uso comune per riservarli ad un uso santo, che prendessero e rompessero il pane e poi il calice ed offrissero entrambi ai comunicandi, comunicandosi contemporaneamente anch'essi (1Co 11,23-26).

4.La negazione del calice al popolo, l'adorazione, l'elevazione e l'esposizione degli elementi, oppure la loro conservazione per falsi usi religiosi, sono tutti fatti contrari alla natura di questa ordinanza e a ciò che Cristo ha istituito (Mt 26,26-28; Mt 15,9; Es 20,4-5).

5.Gli elementi esteriori di questa ordinanza, messi da parte ed usati correttamente secondo l'ordine di Cristo, parlano così chiaramente di Lui sulla croce che vengono chiamati correttamente, ma in senso figurato, con il nome delle realtà che rappresentano, vale a dire, corpo e sangue di Cristo (1Co 11,27). Tuttavia, nella loro sostanza e natura rimangono, come erano prima, pane e vino (1Co 11,26-28).

6.La dottrina generalmente nota come transustanziazione, secondo cui la sostanza del pane e del vino viene trasformata nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo dopo la consacrazione da parte di un sacerdote o in qualche altro modo, è in contrasto non solo con la Scrittura (At 3,21; Lu 24,6,39), ma anche con il buon senso e la ragione. Inoltre sovverte la natura stessa dell'ordinanza ed è stata ed è la causa di numerose superstizioni ed idolatrie grossolane (1Co 11,24-25).

7.I partecipanti degni, che prendono esteriormente gli elementi visibili di questa ordinanza, li ricevono anche interiormente e spiritualmente per la fede, realmente e veramente ma non carnalmente né corporalmente, e si cibano spiritualmente di Cristo crocifisso e di tutti i benefici della sua morte. Il corpo ed il sangue di Cristo non sono presenti né corporalmente né carnalmente, ma sono presenti spiritualmente alla fede di chi crede in questa ordinanza, così come gli elementi esteriori sono presenti ai loro sensi (1Co 10,16; 1Co 11,23-26).

8. Le persone ignoranti e malvagie, essendo incapaci di godere della comunione con Cristo, sono altrettanto indegne di partecipare alla tavola del Signore e finché rimangono in tale condizione non possono essere ammesse a questi santi misteri o alla cena del Signore senza commettere un grave peccato contro Cristo (2Co 6,14-15). Anzi, quelle che partecipano indegnamente sono colpevoli verso il corpo ed il sangue del Signore e mangiano e bevono in giudizio su loro stessi (1Co 11,29; Mt 7,6).